Il Direttore Generale spiega le strategie dell’istituto toscano che passa per una riqualificazione e valorizzazione del personale per offrire servizi ad alto contenuto di consulenza e personalizzazione.
“Siamo una banca commerciale che è focalizzata sulle province di Pisa e Livorno e guardiamo con attenzione all’evoluzione del mercato del credito in Toscana”. È l’esordio di Stefano Pitti, Direttore Generale della Cassa di Risparmio di Volterra, in questa intervista alla Newsletter di Teseo.“La nostra mission è contribuire con i nostri servizi per fare crescere il territorio, nell’interesse di famiglie e piccole e medie imprese. Disponiamo di circa 60 filiali, 450 dipendenti e nel 2021 abbiamo conseguito risultati importanti con 1,8 miliardi di euro di raccolta diretta, 1,2 miliardi di impieghi netti e oltre 1,2 miliardi di raccolta indiretta dei quali oltre un miliardo tra fondi e riserve assicurative nell’ambito del risparmio gestito”.
Cliente del territorio al centro, dunque…
Il servizio della banca da sempre è concentrato sui bisogni del cliente e questo non è solo uno dei tanti slogan ma una realtà. Sulla soddisfazione dei bisogni dei clienti è basato il nostro servizio di consulenza, che non è solo finanziaria ma è una vera e propria pianificazione patrimoniale per famiglie e piccole e medie imprese. Si parte dai bisogni di protezione assicurativa per sé stessi e per i propri cari, per i propri beni e per la propria azienda e poi parliamo della pianificazione finanziaria basata sul ciclo di vita del cliente. Non partiamo mai dall’asset allocation che è importante sì ma viene solo dopo. La prima domanda che poniamo al cliente: quali sono i suoi bisogni e tra quanto tempo avrà bisogno di realizzarli.
Questa la filosofia aziendale e sul piano organizzativo?
La banca è in una fase di profonda trasformazione organizzativa: noi crediamo che le banche del territorio possano coprire il vuoto dimensionale che le grandi banche stanno lasciando e possano contribuire all’inclusione finanziaria di tutti i cittadini. Crediamo fermamente che abbinandole caratteristiche positive della banca di prossimità, cioè la grande conoscenza diretta e la grande relazione col cliente, con un forte contenuto di consulenza e con l’aiuto della tecnologia e del fintech possiamo offrire servizi analoghi a quelli delle grandi banche, con però un livello di personalizzazione e vicinanza al cliente che i grandi istituti non attuano.
In questo contesto che importanza assumono le risorse umane?
Per noi il capitale umano è dominante: il personale è la principale risorsa dell’azienda ed è grazie alla sempre maggiore professionalizzazione del personale che la banca potrà raggiungere i propri obiettivi. Le chiusure di sportelli fisici e la sempre maggiore diffusione di canali on line - home banking, app, filiali virtuali - e della digitalizzazione dei processi e dei sistemi di pagamento, impongono una profonda riqualificazione del personale bancario: sempre meno compiti burocratici e amministrativi e spazio allo sviluppo di capacità relazionali e consulenziali del personale, oltre a nuove competenze digitali. È una trasformazione epocale che anche la Cassa ha avviato, con particolare cura e convinzione per ottenere dai nostri dipendenti quella qualità della prestazione che ci aiuti a distinguerci dai concorrenti. Il business model del futuro vedrà le banche concentrate su consulenza e digitalizzazione, è quindi importante avere personale qualificato ed allearci con realtà della tecnologia e del fintech, che avanzano con sempre maggiore intensità, come dimostra lo sviluppo del digital lending.
Formazione fondamentale per riuscire in questo intento, quindi…
Assolutamente sì. Il valore della formazione in questo contesto assume un ruolo molto importante, oltre alla formazione obbligatoria per le norme prevediamo tantissime ore aggiuntive di formazione qualificata su temi tecnici e relazionali in modo da distinguere il nostro servizio da quello dei concorrenti; una larga parte dei nostri gestori di relazione ha acquisito anche la certificazione Eip di Efpa Italia.
C’è ancora spazio per gli over 50 nelle banche?
Abbiamo un’età media di poco inferiore ai 50 anni e su questo tema vorrei fare una riflessione: è chiaro che i colleghi con maggiore anzianità di servizio hanno esperienza che risulta ancora utile ma molti non posseggono purtroppo quelle soft skill necessarie per il cambiamento in atto, dalla consulenza alla digitalizzazione. La confidenza con gli strumenti digitali e il cambiamento del lavoro, l’essere consulenti di testa, richiede un notevole sforzo di adeguamento, molto impegnativo per chi ha un’età aziendale avanzata. Proprio per questo sul personale è necessaria una grande azione di riqualificazione professionale per restare al passo coi tempi e poi arricchire l’organico con alcuni inserimenti mirati che presentino competenze più adatte al nuovo mondo e che agevolino la riqualificazione complessiva del personale.